Sposa bambina a 12 anni, madre di sette figli. Condannata alla lapidazione dalla legge islamica per aver avuto un figlio fuori dal matrimonio. Salvata a un passo dalla morte grazie alla mobilitazione della società civile internazionale.
La storia vera di una donna nigeriana che torna prepotentemente d’attualità con il terrore di Boko Haram. Un libro che lascia senza fiato.
DALL’INTRODUZIONE
La storia che state per leggere è una storia vera e proviene dai territori nei quali oggi Boko Haram, con le sue azioni, sparge il terrore. È la storia di una donna, Safiya Hussaini, che nei primi anni Duemila fu condannata alla lapidazione per adulterio. Una condanna che era la normale conseguenza dell’applicazione rigida della legge coranica che, negli Stati del Nord della Nigeria, era stata adottata per la prima volta pochi mesi prima, sebbene la popolazione di queste regioni sia storicamente islamica.
Oggi, negli Stati del nord della Nigeria, da Sokoto al Borno passando per Kaduna e Kano, c’è ancora la legge coranica e, come allora, viene applicata in modo rigido. La storia raccontata in questo libro si svolge in un contesto – religioso, sociale, politico – che è l’humus nel quale è nato Boko Haram. Comprendere le contraddizioni e i contrasti di quella regione significa avere gli elementi per comprendere un gruppo surreale e sanguinario come Boko Haram.
In sostanza, sebbene la storia raccontata in questo libro abbia ormai più di dieci anni, è ancora di grande attualità. Il contesto è lo stesso, i contrasti e gli interessi, anche. E soprattutto si fonda su una contrapposizione tra il Nord e il Sud della Nigeria che è ancora oggi l’elemento principale della politica interna di questo Paese. Un Nord musulmano e un Sud cristiano che si dividono anche sul piano giuridico: da una parte un sistema di leggi che discendono dai dettami della religione e dall’altra un sistema laico, il tutto in uno Stato federale che solo sulla carta è unitario.
Safiya era il pretesto per uno scontro tra élite politiche, economiche e militari che si contendevano (e si contendono ancora) la gestione di un Paese ricchissimo e potente dal punto di vista regionale e continentale. Attraverso la sua storia si capisce come la religione sia spesso un pretesto per regolare conti, per giocarsi potere e influenza. Safiya, ignara donna di un villaggio di poco più di trecento abitanti, era usata dalla macchina tritatutto della politica come oggi quella stessa macchina usa Boko Haram e il suo sanguinario leader Abubakar Shekau.
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